Andyman |
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| CITAZIONE Il Guardian è riuscito a identificare il bimbo con il biberon, Reza Khan, due anni, e lo ha rintracciato in una tendopoli di fortuna lungo una strada ad Azakhel, a una trentina di chilometri da Peshawar. L'accampamento è un'accozzaglia di una ventina di tende donate da varie organizzazioni umanitarie, nessuna gestisce il campo. I residenti devono arrangiarsi da soli e si affidano alla carità dei passanti.
Quando lo abbiamo rintracciato, Reza era in una tenda con la madre, Fatima e altri sei dei sette fratelli, tutti accoccolati su una coperta azzurra stesa sul terreno fangoso. Stringe ancora lo stesso biberon. Sempre vuoto. Fatima si sforza di calmare il bimbo, che piagnucola senza sosta, come il fratellino gemello, Mahmoud. Ha coperto tre dei suoi altri figli - ne ha otto in tutto, tutti sotto i nove anni - con una zanzariera sporca che qualcuno le ha regalato, ma il telo è bucato. La figlia maggiore, Sayma, non parla. I suoi occhi verdi fissano il nulla. Le mosche hanno invaso le poche stuoie stese sul pavimento e aggrediscono i bambini. Nella tenda non c'è quasi nulla. Nell'aria calda e umida il puzzo degli escrementi umani e animali è insopportabile. Non esistono servizi igienici, solo buche poco profonde, scavate all'aperto, stracolme di liquame che attira mosche e zanzare.
«Oggi non hanno mangiato nulla. Non ho niente da dargli», dice Fatima mentre tenta di scacciare le mosche dai bambini con un ventaglio di bambù.
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