| Se prenotate con un T. O. straniero quale tribunale deve giudicare una controversia ? il paese di chi prenota o quello del T. O. ?
E se all'estero non siete soddisfatti dell 'hotel chi deve giudicare ?
La Corte di giustizia europea è stata chiamata in causa per due differenti controversie contraddistinte da un unico problema: quello della competenza territoriale del tribunale, nel caso in cui le parti in causa appartengano a Paesi diversi.
Ripercorriamo le due storie: il signor Pammer, cittadino austriaco, acquista online un viaggio in crociera dal sito di una società tedesca. Scoprendo che le condizioni offerte sulla nave non corrispondevano alla descrizione ricevuta, chiede il rimborso del prezzo, ma ne ottiene solo una parte.
Il signor Pammer si rivolge allora ai giudici austriaci, ma la società tedesca rifiuta di presentarsi davanti a un tribunale di quel Paese, sostenendo di non svolgere alcuna attività commerciale in Austria.
Più o meno nello stesso periodo, il signor Heller, cittadino tedesco, dopo aver prenotato un soggiorno via internet, va in vacanza in un Hotel in Austria.
Scontento dei servizi offerti, il signor Heller torna in Germania senza pagare il conto.
L’albergo ricorre ai giudici austriaci, ma il signor Heller si oppone, sostenendo che un consumatore tedesco può essere giudicato solo dai giudici del suo Paese.
Le due controversie vengono sottoposte alla Corte suprema austriaca, che per risolvere la questione si rivolge alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
A quale giudice deve rivolgersi il consumatore europeo che ha una controversia con un professionista appartenente a un altro Stato membro?
Stando al regolamento Ce 44/2001, la competenza del giudizio spetterebbe ai giudici del Paese del professionista denunciato dal consumatore.
In pratica, se si vuol fare causa a un sito tedesco, ci si deve rivolgere a un tribunale tedesco.
La legge fa però un’eccezione: si può ricorrere ai giudici di casa se le attività del professionista sono “dirette verso lo Stato del consumatore”.
Proprio in riferimento ai due casi in questione, la Corte ha chiarito che se il professionista manifesta la propria volontà di avviare relazioni commerciali con i consumatori di un altro Stato, il processo può tenersi nel Paese dove risiede il consumatore.
Questa volontà può esprimersi, per esempio, se il sito offre i propri servizi in più Stati membri o se l’attività svolta ha carattere internazionale (è il caso del settore turistico). L’attività transfrontaliera del professionista può essere dimostrata da più fattori: i recapiti telefonici con indicazione del prefisso internazionale, l’utilizzo di un nome di dominio neutro del sito (“.com” o “.eu” e simili).
Fonte Soldi & Diritti (supplemento di Altroconsumo)
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